George Michael e il Business Scorretto dei Media

George Michael

So bene che questo articolo non è assolutamente nello standard della mia linea editoriale del Blog ma, da tempo avevo in mente di scrivere due righe a riguardo e quindi eccomi qui a parlare di George Michael o “meglio”, del trattamento assurdo a lui riservato dopo la sua morte.

Certamente George Michael era uno di quei cantanti a cui sono affezionata in quanto colonna sonora della mia adolescenza ma, nonostante questo, non sono mai stata una sua fan sfegatata, lo apprezzavo musicalmente ma tutto finiva lì.

Non nego che sapere della sua morte, per altro avvenuta proprio nel giorno di Natale dello scorso anno mi ha intristito, un altro artista falciato da questo 2016 drammaticamente funesto e infausto per gli esponenti del panorama musicale mondiale ma, la cosa che più mi ha colpito è stata lo schifo mediatico che si è creato attorno alla sua morte.

George Michael

Se da un lato posso capire che, nell’immenso modo del popolo web, ci siano anche tanti poveretti che nella vita non hanno altro modo per realizzarsi che nascondersi dietro a una tastiera per scrivere cattiverie contro chiunque (pertanto non ho proprio prestato attenzione ai commenti a volte assurdi che leggevo in giro), dall’altro mi sono proprio girate le scatole nel vedere un sacco di sedicenti giornalisti e professionisti vari del settore media e spettacolo, sparare ogni genere di cavolata e di cattiveria possibile per cercare di fare sempre più audience e/o per vendere più giornali.

Per giorni e giorni è rimbalzata ovunque la notizia che dietro la morte di George Michael ci fosse un’overdose di qualche droga e non cause naturali, nonostante le stesse sorelle di George (che magari lo conoscevano un filino meglio di tutti noi – giornalisti compresi) avessero escluso questa ipotesi.

Sia chiaro, so bene che George non era un santo (chi di noi può dire di esserlo?) che nella sua vita di cavolate belle grosse ne aveva fatte parecchie ma, dopo aver rischiato la morte nel 2011 e il ricovero d’urgenza a Vienna, aveva chiaramente capito che la vita stava presentando il conto e che era ora di dare un taglio a stravizi e comportamenti sfasati.

La canzone “White Light”, scritta da George Michael dopo quell’episodio è chiaro segnale dei suoi pensieri e del suo stato d’animo, testo assolutamente da brividi e se non avete mai visto il video vi consiglio di guardarlo; è davvero molto toccante.

Per giorni e giorni dopo la sua morte, ogni volta che accendevo la TV, su qualsiasi canale sentivo sempre e solo parlare di probabile overdose e ora che il referto dell’autopsia è finalmente di pubblico dominio mi sarei aspettata lo stesso clamore mediatico ma no, non fa notizia… altro che professionisti, un simile comportamento non è degno nemmeno dell’ultimo degli strilloni…

In ogni caso, per chi non ne avesse avuto notizia vi riporto il tutto in breve qui di seguito:

Dal momento che è confermata una causa naturale di morte, cardiomiopatia dilatativa con miocardite e steatosi epatica (fegato grasso), l’indagine è interrotta e non c’è necessità di un’inchiesta o ulteriori approfondimenti“, ha detto Darren Salter, medico legale dell’Oxfordshire, Ovest di Londra.

Vorrei anche esternare un altro mio pensiero se me lo permettete: ho letto tanti commenti davvero pesanti su George Michael, tralascerei quelli bacchettoni sulla sua sessualità che, in quanto questione privata, era di fatto solo affare suo. Si, è vero, anni fa è stato beccato in un bagno di un locale a fare sesso con un uomo e arrestato ma, siamo sinceri, non è di certo stato il primo a scambiarsi effusioni spinte in un luogo a rischio e non sarà nemmeno l’ultimo, solo che lui si chiamava George Michael e faceva molto più notizia di un qualsiasi Tizio de Tizis.

I commenti a cui però mi riferisco io sono di altro genere e spaziano dal come fosse stato scemo a drogarsi con tutti i soldi che aveva o al fatto che faceva una vita da sogno (ma ne siete davvero convinti?) e via dicendo. Dunque, questa volta, nonostante io abbia sempre detto che non avrei mai parlato di cose mie personali inerenti la vita privata o il lavoro, devo infrangere la regola e spiegarvi alcune cose che forse possono sembrare strane a chi non ha mai avuto a che fare con lo show business. 

Dicevamo vita da favola? Beh, non proprio. Vero che si guadagnano tanti soldi ma c’è anche il rovescio della medaglia e io lo conosco bene e dal dietro le quinte visto che, nei miei primi anni di lavoro, accompagnavo all’estero alcuni cantanti italiani che dovevano promuovere i loro lavori e credetemi sulla parola, non sempre è tutto figo come sembra.

Vi faccio un esempio, i miei amici dell’epoca mi dicevano sempre: “Samy ma quanto sei fortunata, sei sempre in giro per lavoro, vedi un sacco di posti e sei sempre in giro insieme a gente famosa“. Questo era ciò che poteva sembrare dall’esterno ma la realtà dei fatti era ben diversa, fatta di viaggi continui, di settimane in cui non c’erano giorni di riposo fissi, niente sabato o domenica a casa, giornate fatte di 19/20 ore lavorative, levatacce alle sette di mattina (quando si era andati a dormire la sera prima alle 4 di mattina) perché alle 8.30 arrivava in hotel il corrispondente della casa discografica locale e si doveva pianificare la giornata, mentre l’artista poteva dormire ancora un paio d’ore quando era fortunato perché poi iniziavano le interviste e i tour radio.

Vero anche che abbiamo girato tante città ma di alcune io ho solo visto l’aeroporto, l’hotel dove alloggiavamo e gli studi televisivi dove si andava a registrare. E così per settimane intere di fila, senza amici vicini, senza cellulare (fino alla fine degli anni 90 all’estero era impensabile portare un telefonino) per sentire una voce amica, mangiando sempre alla meno peggio e in orari assurdi (di solito un panino al volo a pranzo e poi dopo lo spettacolo intorno all’una o alle due di notte.

Vero che gli hotel erano tutti 5 stelle lusso ma quando ci arrivi alle 4 di notte distrutta non ti frega niente di com’è la stanza, a volte fai anche fatica a cambiarti e metterti uno straccio di pigiama!

Certo, io a differenza degli artisti che accompagnavo avevo la fortuna di non essere “nessuno” nel senso che almeno, se avevamo un’ora libera, io potevo fermarmi al bar dell’hotel a bermi un caffè in santa pace e a fumarmi una sigaretta, cosa che per l’artista è molto più difficile in quanto tutti arrivano intorno per farsi fare autografi ma non è tutto splendente come lo si immagina dall’esterno. Con questo non voglio certamente dire che questi personaggi non siano dei privilegiati ma è anche vero che hanno tanto ma tanto viene tolto della loro vita privata.

Io da quel lavoro sono scappata a gambe levate dopo sette anni, anni in cui era difficile mantenere rapporti di amicizia perché non ero mai a casa, una relazione era assolutamente impossibile e impensabile e certe sere, al ritorno in hotel, non nego di aver avuto anche io momenti di sconforto e crisi di pianto, oltre al fatto che dal punto di vista fisico è massacrante.

In conclusione, sarebbe quindi il caso che di fronte alla morte, le persone avessero un minimo di ritegno ed evitassero cattiverie gratuite che inevitabilmente vanno a colpire sempre persone che già stanno soffrendo quali i familiari della persona scomparsa. Se ognuno di noi si facesse un veloce esame di coscienza prima di sputare sentenze, parlando poi di cose lontanissime dal proprio modo di vivere e di essere, credo ne guadagneremmo tutti.

Auguro davvero alla famiglia di Michael un po’ di tranquillità e a lui quella serenità che spesso chi è nella sua posizione non trova mai, almeno da vivo.

Scusate lo sfogo ma questa volta non sono riuscita a tacere.

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